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Marra: circa la contagiosissima ‘lebbra’ di cui Berlusconi è portatore (Lettera a Pasty, del 1.12.1996):

«All’On. Jean Claude Pasty, Presidente del Gruppo parlamentare europeo UPE, circa il perché il comportamento di Berlusconi è globalmente illegale anche a prescindere da ogni sua eventuale specifica violazione, ovvero circa la contagiosissima ‘lebbra’ di cui egli è portatore».   (pubblicato mentre ero parlamentare europeo per Forza Italia – fermo restando che fui candidato ad insaputa di Berlusconi ed eletto malgrado lui – e inviato ai ministri, parlamentari italiani, europei e degli altri 14 parlamenti dell’UE, a 2.000 rapp. commissione e consiglio d’Europa, ai membri del congresso USA, ai parlamentari australiani, ai magistrati di Napoli, Roma, della Cass., Corte Cost. e CSM, al cons. reg., prov. e com. Campania e Lazio, a 1.000 giornalisti + 50.000 copie al pubblico.)

1 dicembre 1996

Io non so, caro Pasty, se hai letto La pelle – quel meraviglioso libro di Curzio Malaparte che, secondo me, insieme a Marquez e Pasolini, è uno dei massimi autori di questo secolo – ma ti assicuro che quel libro è ben noto a Berlusconi.

Lo so perché il modo in cui riesce a corrompere qualunque cosa tocchi, benché non possa certo essere definito geniale – perché la genialità implica la positività ed è dunque difficilissima, mentre qualunque imbecille è capace di diventare un ‘genio’ del male – evidenzia che fra i suoi studi in materia di corruzione c’è anche la sofisticata, bellissima, umanissima analisi di Malaparte.
L’analisi, cioè, del come sia facile infettare gli altri con la ‘lebbra’ dovuta alle profferte (più laide sono e meglio è) di agi, vantaggi, convenienze eccetera, ma anche, e non ultima, alla profferta di farsi corrompere di per se stessa.
Berlusconi, in sostanza, attraverso un’intera vita esercitata all’uopo, è riuscito, da un lato, a procurarsi tutto ciò che serve a rendersi ‘irresistibile’ e, dall’altro, ad usarlo con una perizia sufficiente per riuscire finalmente a diventare un problema pubblico.
Spiegami tu, infatti, caro Pasty, tu che queste cose le vedi dall’esterno, senza averci nulla a che fare, a quale mai miracolo dovremmo pensare quando, pian piano, uomini di formazione tanto diversa giungano ad atteggiamenti così omogeneamente consenzienti da essere atipici non solo delle peggiori alleanze, ma anche delle migliori, le quali, anch’esse, sono di solito tanto più vivaci quanto più strette.
Una corruzione che non affermo certo debba necessariamente essere di tipo illegale o convenzionale anche perché non mi interessa, dato che la corruzione ha infinite forme, e le più perniciose giungono a volte a essere sublimi.
D’altra parte se ponessimo una persona di fronte alla speranza di accedere a un mondo di specchi da allodole, musiche di lira, fasto, feste, festini, lustrini e televisioni, ti stupiresti se essa resistesse o se cedesse?
Senza contare, in un’epoca mercantile come la nostra, la potenza del denaro e dei vantaggi veri e propri: quelli che producono gli ‘affetti incondizionati’, tipo calma piatta, alla Fede, Tajani e così via, mentre è noto quanto scontro, quanto odio e quante divergenze ci sono spesso negli amori veri, nelle vere amicizie, e comunque in generale nei veri sentimenti.
Una responsabilità, quella di cedere, che, fatalmente, resta soprattutto di chi cede, ma poiché lo ha detto finanche Dio di « non indurre in tentazione » (Berlusconi sarebbe un cattolico), non è forse chiaro abbastanza che organizzarsi in maniere industriali per corrompere gli altri è antitetico ai principi ispiratori di ogni ordinamento giuridico sia antico che moderno?
È legittimo, insomma, aver creato una situazione in cui persone magari fino a quel momento dignitose, sol che le guardi ammiccante, corrano da lui a prostituirsi e, se ritengano di non farcela da sole, si precipitino a casa a prendere anche i coniugi e i figli?
Tutto ciò comunque, e veniamo alla parte più delicata dell’analisi, non ci riguarda certo né per fatto personale e né per la valutazione della legalità dei suoi singoli gesti in questo o quell’affare.
Noi invece dobbiamo valutare globalmente il suo operato ai fini delle conclusioni che dobbiamo trarne come politici.
E qui devo svolgere alcune considerazioni di tipo tecnico circa la qualificazione giuridica dell’interesse privato nell’esercizio della politica.
Non c’è dubbio infatti circa l’assoluta legittimità del perseguire gli interessi privati.
Non meno dubbio è però che gli interessi privati diventano la più illegale delle cose se si finalizza la politica al loro mero perseguimento, essendo essi quasi sempre antitetici ai motivi per quali noi veniamo eletti, garantiti e persino remunerati.
Senonché, per una serie di motivi fondamentali, la giustizia non ha e non deve avere accesso né ai Parlamenti né alle scelte che in essi si compiono.
Il che ha prodotto in alcuni la tendenza a credere che l’esercizio degli interessi privati attraverso la politica, non essendo censurabile, sia allora legale, o quantomeno ‘normale’.
Un’opinione aberrante perché il fatto che certe forme di illegalità politica non siano perseguibili da parte della giustizia trova la sua implicita ratio nel fatto che siano comunque perseguite dalla politica stessa con i suoi propri metodi, molto più liberi ed elastici.
Questo almeno se si vuole impedire che la politica sfrutti le sue prerogative a danno della società e che quindi, rottosi l’equilibrio dei poteri, la società debba lanciarle contro i suoi mastini.
Berlusconi, in sintesi, caro Pasty, è fra costoro una ‘punta di diamante’.
Non possiamo infatti più continuare a dubitare che egli, ‘miracolosamente’ sfuggito al destino che ha travolto i suoi burattini, non è però sfuggito anche alle concezioni che lo hanno sempre ispirato, sicché non è riuscito a cessare di usare, ora personalmente, la politica per i suoi fini privati.
Il che – pure escludendo, e voglio escluderlo, le forme di corruzione vere a proprie – è sufficiente, anche solo in termini di ‘sindrome di Stoccolma’, a produrre un vero e proprio stravolgimento della politica.
Cosa dovrebbe fare infatti un povero capo di partito che sa quanto sia importante per andare avanti l’ausilio delle televisioni o di una costosa e potente organizzazione se non ‘innamorarsi’ di chi gliele fornisce?
Meraviglia dunque che, una volta assimilate tante e così diverse persone chiave, costui riesca poi a dilagare nel corpo della società e ingannarla con le sue articolate menzogne – perché fra l’altro è bugiardo come una donna leggera colta in fallo – per ottenerne un certo consenso?
Per non parlare poi di cosa ha fatto in Forza Italia , dove ha neutralizzato la pur vasta base attraverso una logica collusoria fra tutti coloro che in qualche modo la ‘rappresenterebbero’.
Ti sei accorto, caro Pasty, che, qui e la, sta aprendo qualche falla anche nello scudo dell’opposizione e della tendenziosissima televisione di Stato, la quale gli dà sempre più spazio, senza che nessuno potrà mai convincermi che dipenda dalla crescita della democraticità, altrimenti occorrerebbe spiegarmi perché invece resiste nel negare con tutte le forze ogni minimo spazio al PAS per parlare della legge sull’etichettatura dei prodotti agricoli ed ittici nella vendita al dettaglio, che salverebbe il paese dalla crisi economica.
Parrebbe finanche bravo se non fosse invece uno psicotico che, per porre rimedio alle urgenze del suo deliro di onnipotenza, ha costruito molte cose pur vaste, ma – incredibilmente – senza aver mai neanche solo pensato di poterci mettere dentro qualcosa di buono.
In pratica un luna park di illusioni, menzogne, immagini generalmente banali o volgari, discorsi di parte, donne accattivanti, e scene di cartapesta.
Un apparato mediante il quale è riuscito tuttavia a far credere alla società che si sarebbe messo alla testa di coloro che vogliono combattere la burocrazia e i poteri, quando invece non ha e non ha mai avuto alcuna intenzione di farlo perché, al contrario, se n’è sempre servito, e li ha poi attaccati con la forza delle sue televisioni, non per riformarli, ma per costringerli a ristipulare con lui un patto vantaggioso come quello dei tempi della partitocrazia.
Perché ho rivolto proprio a te e proprio ora, caro Pasty, una simile lettera?
Primo, per avviare una verifica al fine delle mie eventuali dimissioni dall’UPE in seguito ai fatti accaduti il 27.11.96 in occasione dell’elezione dell’On. Azzolini a Presidente della Delegazione italiana dell’UPE, a cui sono iscritto come deputato del PAS unitamente a tutti i deputati di Forza Italia e all’On. Fontana, del CCD.
Secondo, perché questa vicenda costituisce una troppo significativa occasione che – nell’interesse italiano ed internazionale – non posso perdere per chiarire bene anche a quei leader europei che tu frequenti, che non c’è più spazio per dubitare del fatto che Berlusconi è pericolosamente alieno dall’avere quella concezione politica e pubblica del proprio essere che costituisce il punto di partenza minimo per essere un uomo politico.
Il 27.11.1996, in breve, dopo essere finalmente riuscito a costringere drammaticamente, alcuni mesi or sono, in seguito a una mia terribile ma fondata invettiva, l’On. Ligabue a dimettersi da Capogruppo della Delegazione italiana dell’UPE affinché il nuovo Capogruppo venisse eletto solo dopo che si fosse stabilito un programma politico, e solo in funzione della sua attuazione, si è di nuovo verificato che Berlusconi, così come all’inizio della legislatura aveva imposto l’elezione di Ligabue quale mandatario dei suoi interessi privati, con gli stessi metodi e obiettivi illegali, ha imposto ora l’elezione dell’On. Azzolini.
Con la sola differenza che questa volta insieme a me si sono ribellati una decina di altri deputati, i quali, nonostante Berlusconi, al culmine di una furiosa lotta di varie settimane, la sera prima, li avesse addirittura chiamati ad uno ad uno per ricordargli perentoriamente il loro ‘dovere’, si sono battuti per una giornata intera con ogni possibile argomento contro quella frastornata maggioranza che, purtroppo, attraverso una rozza mistificazione del concetto di ‘democrazia del voto’ si è di nuovo resa strumento dei suoi interessi privati.
La democrazia implica infatti dei presupposti, perché altrimenti sarebbe democrazia anche quella di Lauro: il Sindaco che, a Napoli, alcuni decenni fa, riusciva a farsi eleggere consegnando agli elettori un gran numero di scarpe destra, rinviando, per la sinistra, a dopo il voto.
Cose del resto tutte arcinote queste che ho scritto, sicché l’auspicabile elemento di novità dovrebbe finalmente consistere solo in una maggiore consequenzialità.
Cose, quelle accadute il 27.11.1996, dopo le quali, a mio sommesso avviso, non è possibile ristabilire la legalità se: innanzitutto non si proclami l’illegalità dell’ ‘elezione’ di Azzolini in quanto imposta da Berlusconi con metodi non accettabili a prescindere dalla benché minima indicazione di un qualsivoglia programma politico e unicamente in funzione dei suoi interessi privati; quindi non ci si opponga, di nuovo in nome della legalità, alla minacciata elezione a Vicepresidente del Parlamento dell’On. Ligabue quale premio per non aver fatto altro, in questi due anni, che impedire l’azione politica del Gruppo Forza Europa sempre in nome degli interessi privati di Berlusconi; infine, se non ci si opponga all’elezione a Presidente di Commissione o ad altre cariche dell’On. Podestà quale premio per essersi adoperato più di ogni altro, ma non più dell’On. Tajani – un vero maggiordomo degli affari privati di Berlusconi – per il successo di queste operazioni illegali.
Cose di cui parlo apertamente perché, benché pensi anch’io che i panni sporchi si lavino in famiglia, credo però che la famiglia della politica sia la società.
Tutto ciò fermo restando che la politica deve sempre essere elastica il più possibile, per cui è ovvio che costoro potranno subito riproporre le loro candidature sulla base però di un’analitica descrizione scritta del programma in attuazione del quale chiedono di essere eletti e dei motivi per i quali dovremmo ritenere che hanno la capacità di attuarlo, impegnandomi fin da ora, ove mi convincessero, a fargli la campagna elettorale.
In sostanza, caro Pasty, senza mettere in dubbio il valore della raffinatezza e della diplomazia, occorre però tener presente che esse sono funzionali solo ai rapporti fra gentiluomini, mentre, quando ci si trovi fra persone la cui sensibilità sia a prova di torte in faccia, è necessario, ogni tanto, usare anche qualche espressione un po’ più chiara.
Quanto a te, tengo a dire che so che sei un gentiluomo, ma so anche che le cose più sono ovvie e più sono difficili da fare, altrimenti a quest’ora il mondo sarebbe civile da un pezzo.
Non ti chiedo dunque di fare una rivoluzione, ma ti sarò grato, e sono certo che tutti ti saranno grati, se farai il possibile.
Ti invio nel mentre i miei più cordiali saluti.

Alfonso Luigi Marra

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