Layout del blog

Lotta anti-avvocati e pro banche della maggioranza impiegatizia: l’accattonismo protagonistico ma invertebrato di massa che sta mangiando il mondo..

 

Richiesta alla Ragioneria Corte d’Appello di Roma del nome del responsabile dell’illecito procedimento rivolto a causare il pagamento dei clienti con accredito sul loro conto corrente, ai fini della denunzia ex art. 323 cp per abuso di ufficio o/e per ogni altro eventuale reato, associativo o non, nonché ai fini di ogni azione risarcitoria.

 

 

Configurando la vostra condotta una penalmente illecita violazione dei fondamentali diritti privati e pubblici che indico di seguito, vi invito, ai fini (se occorrerà) delle denunzia e dell’azione penale e risarcitoria, ad inviarmi il nome del responsabile del procedimento rivolto a causare il pagamento delle sentenze e dei decreti ‘Pinto’ presso il conto corrente del cliente, anziché con vaglia cambiario presso l’avvocato, come dovuto stante l’elezione di domicilio e il mandato a rappresentare e difendere. .
Diritti che si vorrebbero violare in virtù di un ‘nobile’ retro-pensiero che è invece un ignobile alibi: quello di perseguire così chissà quali presunte evasioni categoriali.
Un ignobile alibi perché anch’io ritenevo bisognasse combattere l’evasione, ma naturalmente solo fino al 1.1.2007, quando ho scoperto il signoraggio ed ho pubblicato il documento in cui spiego che le tasse non vanno pagate ma abolite, perché servono solo a rastrellare denaro inverato per comprare dalla BCE/BI (Banca d’Italia) il denaro da inverare che lo Stato deve creare da sé a costo zero senza causare né debito pubblico né inflazione, perché l’inflazione, stante il fenomeno dell’inveramento, che proprio io ho definito, è frutto solo della creazione del denaro ad opera di falsari, cioè di chiunque produca il denaro ma non sia lo Stato.
Un ignobile alibi che testimonia la pochezza, la viltà, la concezione accattonistica della vita, da parte della netta maggioranza della classe impiegatizia specie pubblica, ma anche privata.
Una maggioranza impiegatizia di bugiardi, che asseriscono sussiegosi di pagare le tasse, mentre sanno che le loro tasse le pagano i datori di lavoro, e quindi, per il pubblico impiego, la collettività. Perché è ovvio che i soldi per pagarle escono dai bilanci dei datori, e configurano, a loro carico, un’imposta sugli stipendi.
Milioni di vili i quali, anziché affrontare l’artefice di questa impostazione criminale, cioè la cupola bancaria, bramano di leccarle l’intimo e muoiono di invidia per quelli tra loro che riescono ad intrufolarsi nella massoneria pedofilo satanica o nel bilderberg: cosche che esistono solo grazie al loro sostegno: una maggioranza impiegatizia di filo-massoni e filo-bilderbeghini in pectore prostituita alla cupola che da sola evade più tasse di quante ne paghi e ne evada tutto il resto della società, ma guida questi ‘onesti’ nella ‘lotta contro gli evasori’, tipo gli avvocati, o me, che dal 2001 ho pagato il 73%, per un ammontare di poco meno di un milione annuale.
Contro gli avvocati perché – benché neanch’essi abbiano dato chissà quali prove di rivoluzionarietà – restano tuttavia, attraverso le cause, un contro-potere che la cupola ha l’esigenza di neutralizzare.
Perché una buona giustizia eliminerebbe subito, oltre al signoraggio (attraverso la confisca delle quote private della BI, e quindi anche di quel 15% della BCE di proprietà della BI), anche gli abusi, a partire da quelli tariffari, di cui, poiché i vigliacchi sono sempre anche stupidi, è vittima anche la stessa maggioranza impiegatizia.
Ma – fatti questi necessari chiarimenti (perché mancherebbe ora che chi lotta contro questi mostri sia cattivo, mentre i milioni di miserabili che li sostengono siano i buoni) – veniamo ai motivi per cui è penalmente illecito pagare sul conto corrente dei clienti.
Motivi il primo dei quali – siccome il pagamento è una fattispecie complessa, produttrice di molteplici effetti che devono svolgersi sotto il controllo dell’avvocato in quanto parte integrante del suo ruolo – è che la professione forense, tutelata dalla legge per la sua crucialità, richiede una clientela. Clientela che l’avvocato ha il diritto di conquistare attraverso un corretto esercizio del suo ruolo.
Avvocato che ha quindi diritto di veder valorizzato il risultato di aver fatto ottenere il pagamento: valorizzazione dolosamente ostacolata se si accredita sul conto corrente del cliente quanto gli viene pagato unicamente grazie all’opera del difensore.
Un pagamento sul conto corrente che giungerebbe dopo 5, 6, 7, 8, anni dal remoto giorno del conferimento del mandato, e che il cliente, proprio perché non se lo è visto fare dall’avvocato, tenderebbe a non attribuire – proprio come vogliono questi pseudo zelanti – alla sua meritoria attività, collegandolo magari ad altro o ad un bel gesto spontaneo dell’ente pubblico.
Né importerebbe quante spiegazioni gli si fornissero nelle causali o in eventuali lettere, sia perché molti sono tanto più restii a leggerle quanto più sono dettagliate, sia perché lo scavalcamento dell’avvocato induce anche loro a disconoscerne il ruolo.
Accrediti che avverrebbero proprio quando solo il pagamento dalle mani dei difensori potrebbe far loro recuperare la fiducia di una clientela disgustata dall’attesa.
Gli autori di queste – e delle molte altre, continue, pretestuose e perverse – iniziative anti avvocati hanno infatti proprio il fine di pregiudicare il rapporto tra cliente e avvocato, fingendo di ignorare che il pagamento è l’apice del rapporto professionale: il momento in cui il cliente riconosce il valore dell’opera prestata dall’avvocato e magari gli conferisce altri incarichi o lo introduce ad altri clienti.
Senza dimenticare la necessità di informare il cliente delle azioni connesse o conseguenziali che può o deve intraprendere alcune in stretti termini, quali le azioni, da proporre entro sei mesi, per l’indennizzo del ritardo nei pagamenti.
Cose che la burocrazia sa e vuole osteggiare proprio impedendo l’incontro di tipo positivo del pagamento.
Una guerra agli avvocati che i rappresentanti di questi invertebrati portano avanti in Parlamento incrementando i costi della giustizia, gli ostacoli processuali, le leggi illegittime e le mille e mille strategie negatorie dei diritti.
A parte poi la necessità, tornando a noi, di controllare gli importi pagati, talora errati: controllo che non si può fare se il cliente, accortosi dell’accredito, magari dopo giorni, sparisce; perché convocarli sarebbe a quel punto generalmente inutile, sordi come sono divenuti per le delusioni inflittegli dalla burocrazia con una maestria degna di miglior causa.
Una maggioranza impiegatizia a cui sfugge che le ‘
elite ’ che idolatra, e che la disprezzano, contano di fermare la catastrofe climatica eliminando, attraverso il caldo o le intemperie, quel 95% dell’umanità tra cui è anch’essa, insieme agli abitanti delle zone equatoriali e tropicali.
Perché il livello di ottusità al quale è stata condotta non la rende degna – ai occhi delle ‘
elite ’ – di occupare, insieme ai suoi figli, spazio sul ‘loro’ pianeta.
Ciò detto, resto in attesa del nome del responsabile amministrativo per denunziarlo ove occorra, perché la magistratura, che per ora è la parte peggiore della burocrazia, tra poco cambierà ed accoglierà tutte quelle tesi che ha fin qui fatto languire.
Perché non bisogna fare guerre sante, ma chi delinque deve risponderne, e chi troppo demerita deve lasciare i ruoli a chi è meglio in grado di esercitarli, perché la regola del merito e del demerito dovrà essere interpretata con più civiltà, ma non potrà venir meno.
Vi invito pertanto a provvedere secondo quanto richiestovi.

 

 

15.9.2015,
Alfonso Luigi Marra

 

Share by: